Storicamente, con l’irruzione delle masse sulla scena politica, i partiti e i sindacati sono stati i principali soggetti politici in grado di incanalare/proporre le istanze politiche, con tutta la problematicità del ruolo di chi da un lato è il principale promotore di un contro-pubblico e dall’altro è parte integrante del sistema istituzionale – quindi con tutta e la difficoltà ad interpretare fino in fondo e in modo radicale un tale ruolo.
Negli anni recenti, invece, stiamo assistendo sempre più all’affermarsi di un processo inverso: i soggetti politici istituzionali sono sempre meno in grado di rappresentare le istanze che provengono dal basso e per contro grazie a Internet si moltiplicano i casi di organizzazione spontanea di soggetti attorno a un’idea, un’istanza o un contro-discorso. Grazie agli strumenti messi a disposizione dalla Rete è possibile tecnicamente e con risorse molto limitate fare un lavoro di organizzazione che fino a pochi anni fa era praticamente impossibile senza la capacità organizzativa (e finanziaria) di un soggetto politico istituzionale. La catena comunicativa di Internet consente uno scambio di informazioni del tutto indipendente dalla sfera pubblica dominante e ciò toglie inevitabilmente potere ai soggetti istituzionali solitamente deputati a questoruolo, oltre a svuotarne in parte il significato.


Interessante e eclatante, in questo senso è quanto avvenuto in Egitto nel 2011 con la primavera araba dove migliaia di manifestanti organizzarono le loro proteste servendosi in modo significativo di Facebook e Twitter, essendo così del tutto indipendenti dai canali istituzionali di comunicazione (e di censura) del regime di Mubarak. In questo caso è evidente come l’unico spazio in grado di ospitare un’insorgenza democratica fosse uno non istituzionale, quindi esterno agli interessi del blocco egemonico del vecchio regime egiziano.

Un ulteriore caso degno di nota è quanto sta avvenendo in Italia partendo dal Blog di Beppe Grillo, il quale servendosi esclusivamente di questo strumento Web è riuscito a far nascere e promuovere un movimento politico (Movimento 5 Stelle) in grado di raccogliere un notevole consenso elettorale nel giro di pochi anni. Partendo dal suo blog, Grillo è riuscito a organizzare un movimento che sfrutta al meglio, dal punto di vista della comunicazione politica, il potenziale democratico e agonistico insito nella Rete. In questo caso, in fatti, la scelta di Grillo di veicolare la comunicazione del suo movimento quasi esclusivamente via Rete si traduce quasi istantaneamente in una prova di affidabilità agli occhi degli elettori. Essere escluso dalla sfera pubblica dominante diviene la prova dell’essere estranei al sistema di potere economico-politico-istituzionale che regola il sistema italiano. Grazie alla Rete, il Movimento 5 Stelle si propone come soggetto in grado di dare spazio a una sfera pubblica alternativa fatta di trasparenza delle informazioni e di indipendenza rispetto ai poteri consolidati, donando al Movimento una forte carica anti-sistemica, quindi anti-istituzionale.

Il caso del Movimento 5 Stelle ci consente di fare un’ultima considerazione. Nel suo essere uno strumento potenzialmente libero dal condizionamento del discorso dominante, la Rete inevitabilmente pone al centro del dibattito politico il tema della verità. Se la sfera pubblica dominante è parte di un ordine del discorso che struttura il suo potere a partire proprio dalla distinzione del vero dal falso – di ciò che deve essere considerato vero e ciò che deve essere considerato falso –, allora Internet appare inevitabilmente destinato a sfilacciare i cordoni di quest’ordine discorsivo. La Rete assume le fattezze del mezzo attraverso il quale si riesce ad affermare la verità dei fatti: il vero. Caso paradigmatico di questo portato epistemologico del Web può essere considerato sicuramente quanto avvenuto con WikiLeaks e con la dirompente circolazione di notizie riservate promossa da Julian Assange. Sebbene siano molti gli spunti di riflessione offerti da questo caso in merito al rapporto tra democrazia e Ragione di Stato, ciò che è interessante osservare in questa sede è come la modalità di comunicazione orizzontale spinta da Internet apra a un piano di conflittualità epistemologica tra un sistema di potere basato su una dimensione verticale dei processi informativi e una realtà sociale che sempre più attribuisce allo scambio di informazioni tra pari la capacità di stabilire lo statuto epistemologico dei fatti – con tutti i pericoli insiti nella crescente convinzione sociale che solo attraverso la Rete è possibile raggiungere il vero.
Certo Internet non è la manna della democrazia, e nel diffondersi di questo strumento c’è stato chi ha criticamente osservato che i contenuti in Rete stanno virando verso una chiara commercializzazione come avvenuto coi media tradizionali; c’è chi ha riconosciuto nelle sue dinamiche il riflesso del capitalismo globale; e c’è stato chi ha rilevato in Internet un modo per veicolare istanze politiche con un carico depotenziato, favorendo l’affermarsi di una cornice legale in realtà restrittiva; e ancora sul versante “politico” c’è chi ha aggettivato il tipo di partecipazione tipica della Rete col termine slacktivism: un attivismo pigro favorito dallo scarso sforzo necessario a partecipare (per esempio ad una petizione) con un semplice click. Ma sebbene l’eterogenea natura della Rete renda tutte queste critiche in parte condivisibili, è altrettanto vero che grazie a questo strumento si sta assistendo a uno stravolgimento profondo dei processi sociali e politici in Occidente e non solo.
Uno degli aspetti più significativi dell’attuale influenza di Internet sulla politica sta nel fatto che la democratizzazione dei processi espressivi, organizzativi e politici è arrivata a un tale punto di avanzamento da riuscire a mettere in crisi alcuni dei processi di legittimazione di diversi sistemi politici, rendendo chiaro come la definizione di democrazia delle forme di stato possa essere troppo spesso un etichetta molto formale e a volte troppo poco sostanziale. Trovare il modo di incanalare le tensioni democratiche sollecitate dalla Rete può essere l’occasione per ripensare i sistemi democratici a patto che ci si renda conto che uno dei mutamenti più radicali che si stanno aprendo sta proprio nei processi di formazione dei nuovi soggetti politici che rischiano di essere molto democratici ma proprio per questo anche poco istituzionali.

Diego Lazzarich, La democratizzazione della sfera pubblica al tempo di Internet, in A. Arienzo e D. Lazzarich (a cura di), Vuoti e scarti di democrazia. Teorie e politiche democratiche nell’era della mondializzazione, ESI, Napoli, 2012, pp. 235-239.